Casteldaccia, giovani in purgatorio? - di Nino Fricano

Casteldaccia, giovani in purgatorio? - di Nino Fricano

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A Casteldaccia è cominciata la campagna elettorale. A maggio si vota per la nuova amministrazione comunale e in paese è tutto un chiacchiericcio continuo su chi si candiderà a sindaco.

Circolano nomi su nomi, e tutti quelli che si vogliono “portare” almeno per il consiglio comunale già cominciano a farsi vedere più spesso in giro e a riempire facebook – novità della nuova Era – di opinioni, commenti, spunti di riflessione.

Discorsi non certo “disinteressati” per la maggior parte, frutto di una chiara volontà elettorale, che spesso e volentieri fanno venire giustificati dubbi sulla loro effettività sincerità e onestà intellettuale.
Ma tant’è.
La campagna elettorale, con tutte le sue ombre, serve almeno ad alimentare un minimo di dibattito pubblico, per una comunità che negli ultimi decenni ha visto un netto peggioramento della qualità della vita e della coesione sociale.

E ora, tra le altre cose, si comincia pure a parlare di giovani.
Che, oltre che questione di dibattito, sono pure un bel bacino di voti.
Ma si, facciamolo. Parliamo di giovani a Casteldaccia.
Domenica prossima, 27 gennaio, nei locali della Chiesetta in piazza Madrice, alle 17.30, l’associazione “Librido” e il comitato “Vivere Casteldaccia – Territori a confronto” organizza un incontro per discutere delle problematiche giovanili legate al contesto locale.
Ma chi sono questi giovani a Casteldaccia?
Come vivono? Cosa vogliono?
Ho intervistato un campione di ragazzi e ragazze tra i 18 e i 30 anni, sottoponendo loro alcune domande riguardo le questioni “standard”: lavoro, futuro, emigrazione, prospettive, rapporto con la società civile e con la politica locale.

Ci si accorge così che il giovane a Casteldaccia è una perfetta espressione del giovane in Sicilia e nel Meridione in genere.
Giovani che vivono in una sorta di purgatorio perenne. Che, in un modo o nell’altro, fanno tutti i conti con il grande spauracchio dell’emigrazione.
Giovani che non trovano lavoro o fanno lavori frustranti e/o sottopagati.
Giovani che studiano e pensano di emigrare una volta ottenuto il titolo di studio.
Giovani che il titolo di studio l’hanno già ottenuto ma non riescono a trovare lavoro e quindi progettano di emigrare, oppure – per una serie di motivi – non riescono ad emigrare.
Giovani che sono già emigrati e – sempre per vari motivi – sono tornati e magari tentano di emigrare una seconda, terza, quarta volta.
Chiedendo un po’ in giro, ci si accorge che giovani che vogliono restare in Sicilia - e a Casteldaccia - ce n’è davvero pochi.
Quindi è naturale che il loro livello di partecipazione alla vita pubblica sia generalmente molto basso.
La priorità è il futuro, il lavoro, le proprie prospettive di vita, in chiave ovviamente ultra-individualistica.
Perché impegnarsi per una terra che in un modo o nell’altro vuole buttarli fuori?
E poi, anche volendo, cosa offre Casteldaccia per i giovani? 

Al momento molto poco.
Facendo una piccola panoramica delle strutture pubbliche che potrebbero diventare spazio di aggregazione, vediamo che c’è molta incuria e abbandono. Ma in teoria – con una amministrazione lungimirante ed efficiente – si potrebbe creare qualche opportunità in più.
C’è il campo sportivo, affidato ad un privato, con una palestra attualmente inagibile.
Ci sono le palestre scolastiche, che - quando sono agibili - vengono utilizzare a malapena per le ore di educazione fisica.
C’è il centro diurno in via Ugo La Malfa, i locali della Pro Loco in via Roma, c’è la Chiesetta situata di fronte la chiesa Madrice, ci sono gli spazi – ampie stanze e ampio cortile - del cosiddetto “centro sociale”, di proprietà della Curia, di fatto inutilizzati o sottoutilizzati.
Ci sono decine di spazi verdi chiusi dietro cancelli, che non vengono aperti e adibiti alla fruizione per una serie di cavilli burocratici ma anche e soprattutto perché nessuno se ne occupa.
Ecco il punto. A Casteldaccia non mancano gli spazi che potrebbero diventare un futuro punto di riferimento per i giovani. Ma al momento, a un giovane che esce da casa e si fa un giro per il paese, viene difficile pure farsi una passeggiata. Figuriamoci trovare un posto in cui “esprimere la propria personalità”.
Gli spazi ci sono, però. Ma non c’è nessuno che se ne occupa.
Manca la volontà, da parte dell’amministrazione ma anche dei cittadini, manca la volontà di valorizzarli. E farci qualcosa di utile.

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Niente. Al momento i giovani, nel loro purgatorio perenne, vivono come in una terra di mezzo, un limbo da cui prima o poi fuggiranno o saranno costretti a farci i conti. Ma forse allora sarà troppo tardi.
E intanto la politica pensa ad altro – incuria e abbandono ne sono la prova – alimentando così ancora di più la terrificante distanza tra i giovani e “il resto del mondo”.
Cosa dicono i giovani
Alla domanda “Vuoi restare nel posto in cui abiti per tutta la vita? Pensi che la tua vita potrebbe essere felici qui?” le risposte sono nette.
“Non penso di volere restare qui per tutta la mia vita – dice Fabrizio, 24 anni - Sebbene sia legato al mio paese natale non vedo molte opportunità e quindi quale altra soluzione se non l'emigrare altrove?”.
“A me piacerebbe restare qui per tutta la vita – dice Giuseppe, 18 anni – ma se si verifica la necessità di andare fuori non ci penserò due volte. Restando qui, non sono sicuro sia possibile essere davvero felice e non frustrato”.
“Si dice in giro che Casteldaccia non offra un gran che – dice Antonio, 25 anni - e io condivido questo pensiero, forse perchè non ho mai avuto vere occasioni di lavoro o perchè i miei amici non studenti vivono solo nel precariato e nell'incertezza del futuro. Credo ( e spero) che la mia vita lavorativa avrà risvolti fuori. Questo è un peccato, non soltanto perché sono destinato ad allontanarmi, ma perché soffrirei al pensiero di lasciare i beni e gli affetti nel paese dove sono nato. Tutti i miei amici sono di Casteldaccia, tutti i miei parenti, la fidanzata, e la casa che io e i miei fratelli erediteremo”.
“Il posto in cui abito non mi piace affatto – dice Roberta, 25 anni - Il paese non offre spazi, ovunque si costruisce , il verde è inesistente e quel poco che c'è è poco curato e sporco! Lavoro ZERO ,mai un progetto interessante che riunisca noi giovani, niente cinema, se si esce si va obbligatoriamente fuori paese! Sono legatissima a Casteldaccia ma è un legame affettivo..di certo vorrei prospettive migliori per il mio futuro..ma rimanendo qui non immagino grandi cose, ANZI!”.
“Io vorrei restare tutta la vita a Casteldaccia – dice Carlo, 27 anni - anche se sono stato fuori e ho vissuto in città molto più all'avanguardia e con molte possibilità su tutti i fronti, ma la tua terra e sempre la tua terra.. L'emigrazione è l'ultima delle mie scelte, ma se sarà necessario per il mio futuro economico dovrò partire”.
“Qui ci sono nata e sono molto legata alle mie radici – dice Francesca, 28 anni - ma sinceramente vedo poco futuro, poche opportunità, poco interesse e poca voglia di fare qualcosa...”
“La mia vita potrebbe essere felice – dice Salvo, 25 anni - Soltanto se riuscissi a trovare il lavoro che cerco, cosa IMPOSSIBILE al momento! L'emigrazione al nord è una costante ormai. Se si potesse evitare sarebbe meglio, ma ripeto che non è possibile attualmente”.

Sulla politica e sull’impegno politico, sullo restare a Casteldaccia anche solo per il tempo libero, c’è scetticismo, con qualche lampo di speranza. 

Salvo: “Onestamente impegnarsi non avrebbe senso visto che c'è troppo immobilismo! Ma vedere il decadimento del paese non è neanche una cosa positiva, bisognerebbe reagire o quantomeno AGIRE. Per il bene di tutti. E dei giovani. A Casteldaccia potrebbe nascere un cinema ad esempio, o un qualcosa che possa raccogliere della gente, magari giovane. Un teatro o qualcosa del genere. C'è una palestra vicino al campo ai Fiorilli che è in condizioni decadenti! Perché non rinnovarla? Piove dentro, c'è uno schifo”.
Antonio: “Da un po’ di tempo seguo le vicende e i progressi del Movimento 5 Stelle. Il gruppo si impegna attivamente per cercare di cambiare le regole che ristagnano da anni nella nostra società. Credo che il cambiamento e l'impegno debba nascere da noi giovani. Sono comunque un po’ scettico su un cambiamento radicale ed improvviso”.

Fabrizio: “Impegnarsi? Indubbiamente ne trarremmo solo benefici, ma io penso che in fin dei conti la dimensione di Casteldaccia sia questa, ovvero un paese che può andare bene per i ragazzini, gli adolescenti che non hanno la possibilità di spostarsi. Quando si cresce questa realtà comincia a stare un po’ stretta, e se vuoi è si "colpa" di Casteldaccia che offre poco, ma anche "merito" della vicinanza con Bagheria e Palermo che essendo molto più grandi hanno anche tanto da offrire”.

Carlo: “Casteldaccia non offre niente come attrazioni giovanili ed aggiungo nemmeno club per anziani o campi da bocce, quindi per questo motivo e per la vicinanza di città con più servizi accanto, siamo invogliati ad uscire da Casteldaccia.
Secondo me è necessario che tutti ci sbracciamo per il nostro paese, sopratutto se scegliamo di rimanerci. Noi giovani abbiamo il dovere e l'obbligo di cercare di migliorarlo, attraverso idee innovative e prospettive migliori”.

Francesca: “Penso che la partecipazione possa essere un primo passo per cambiare qualcosa, il problema è stimolare, invogliare, creare la necessità di partecipare. La fuga (e mi ci metto anche io) è più facile, ma meno produttiva per la collettività. Perchè si va fuori? Perchè vado fuori dal mio paese? Perché non c'è un posto da visitare, uno spazio libero dove fare sport, una biblioteca dove leggere e studiare, un centro sociale, un'associazione culturale che funzioni bene.. Ecco perché. Perché non c'è niente che mi dia l'alternativa alla città. Povero paese! Dovremmo amarlo un po’ di più forse. E forse poi potremmo parlare di come cambiarlo!”

Stefano, 21 anni: “C’è la consapevolezza che a nessuno "di quelli importanti" importa davvero delle nostre esigenze. Fino a qualche anno fa avevamo il campo di tennis (centro sociale, spazio inutilizzato e abbandonato che noi, ragazzi di Casteldaccia di diverse età, avevamo trasformato in un vero e proprio centro ricreativo) dove almeno potevamo trovare un minimo sfogo. Ora ci hanno levato anche quello. L'unica soluzione, a mio parere, sarebbe quella di affidare tutto a persone a cui veramente sta veramente a cuore il nostro paese e non a gente che per anni e anni ci ha mangiato veramente tutto”.

Numeri dell’orrore.
Il contesto, d’altronde, non aiuta. I dati parlano chiaro. La Sicilia e il Meridione – come l’Italia, ma in proporzioni più spaventose – rischia di diventare una terra nemica dei giovani, un contesto ostile da cui è meglio fuggire. La nostra Isola, dati alla mano, rischia diventare come quei paesini spopolati sulle montagne, in cui restano solo pensionati, spostati e raccomandati. 
Dal 2000 al 2009, secondo l’ultimo rapporto Svimez, quasi 600mila persone sono emigrati dal Meridione. Nel solo 2010, secondo dati di Confindustria, hanno lasciato il Mezzogiorno 110mila persone.
Nei prossimi venti anni il Mezzogiorno perderà quasi un giovane su quattro, sempre secondo lo Smivez. Nel 2050 gli under 30 al Sud passeranno dagli attuali 7 milioni a meno di 5.
L’età media – attualmente 42 anni – è destinata ad innalzarsi inesorabilmente.

Intanto Sicilia e Calabria registrano dati record (circa il 20% della popolazione attiva) sulla disoccupazione. Secondo i dati Istat riferiti al secondo trimestre 2012, soltanto in Sicilia sono andati in fumo 35 mila posti di lavoro nel giro di un anno. Nessun’altra regione del Paese ha perso un numero così elevato di occupati.
In Sicilia la disoccupazione giovanile 15-24 anni oscilla tra il 35 e il 40%. Mentre siamo la prima regione in Italia per dispersione scolastica (dati Censis). Il 35,7% dei giovani tra 15 e 29 non studia e non lavora.

 

Nino Fricano

 

 

 

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