Cronaca

Un’attività svolta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Palermo ha consentito l’emissione da parte del Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, del provvedimento di sequestro di beni per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro a carico di:

MILANO Salvatore, nato a Palermo il 13.11.1953, inteso “Tatieddu o Totuccio” (in atto libero, tratto in arresto nell’operazione denominata “PERSEO”).

La complessa attività investigativa, svolta attraverso minuziosi accertamenti patrimoniali sui beni ritenuti nella disponibilità del predetto, ha consentito di individuare un ingente patrimonio illecitamente accumulato in diversi anni di malaffare.

In particolare, tra i cespiti sottratti alla sua disponibilità si evidenziano le quote di maggioranza di due negozi di abbigliamento denominati “Le Griffe” e siti in via R. Gregorio nr.9 e Corso Calatafimi nr.373 di Palermo, 3 lussuosi appartamenti nel centro di Palermo, una porzione di una imponente villa con piscina sita nel comune di Trabia, 17 rapporti bancari e tre autovetture.

Le indagini patrimoniali sono consequenziali all’operazione denominata “PERSEO” che nel dicembre del 2008 aveva consentito di trarre in arresto il MILANO quale “uomo d’onore” della famiglia mafiosa di Palermo Centro e “gestore della cassa” delle tre famiglie mafiose che costituiscono articolazione del mandamento cittadino di Porta Nuova (nell’ambito di detto procedimento, MILANO Salvatore è stato condannato dalla Corte d’Appello di Palermo a 6 anni e 4 mesi di reclusione).

Dalle indagini era emerso come il MILANO avesse partecipato attivamente a molteplici riunioni finalizzate alla gestione degli affari del sodalizio e avesse curato i rapporti tra la consorteria di appartenenza e le altre di “Cosa Nostra”.
 

Il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo ha sequestrato un’associazione sportiva che gestisce campi di calcetto e due conti correnti bancari, per un valore complessivo di circa 4.000.000 di euro, in esecuzione di un provvedimento di confisca emesso dal Tribunale di Palermo - Sezione Misure di Prevenzione.

I beni sono stati confiscati a Salvatore BUFFA, appartenente alla famiglia mafiosa di Palermo - Brancaccio, già tratto in arresto nel 2002 per i reati di associazione a delinquere di tipo mafioso ed estorsione e condannato nel 2008, con sentenza divenuta definitiva, a 3 anni di reclusione.

La confisca eseguita dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria conclude il procedimento per l’applicazione della misura di prevenzione personale e patrimoniale, iniziato nel 2011, a carico del BUFFA. I beni riconducibili a lui ed al suo nucleo familiare, infatti, erano stati sequestrati in quanto sproporzionati rispetto ai redditi ufficialmente dichiarati. Ciò ha fatto ritenere che gli stessi fossero stati acquisiti illecitamente o con il frutto delle attività illecite poste in essere.

In particolare, le indagini hanno permesso di giungere alla confisca dell’impianto sportivo, frutto del reimpiego di attività illecite, nonostante BUFFA lo avesse fittiziamente intestato ad un proprio familiare, proprio allo scopo di preservarlo da futuri provvedimenti di sequestro o confisca dell’Autorità Giudiziaria. Presso tale impianto sportivo, tra l’altro, si sarebbero svolte riunioni finalizzate al raggiungimento degli scopi illeciti del sodalizio mafioso.

SCHEDA BENI SEQUESTRATI

BUFFA Salvatore, nato a Palermo il 25.05.1965
Decreto di confisca nr. 155/10 R.M.P. emesso dal Tribunale di Palermo - Sezione Misure di Prevenzione in data 12.12.2013.

· n. 1 associazione sportiva operante nella gestione di campi di calcetto;
· n. 2 conti correnti

VALORE DEI BENI IN CONFISCA: € 4.000.000

Comando provinciale Guardia di Finanza Palermo
 

E' dai paesoni storicamente di mafia, ieri Bagheria e oggi Misilmeri, che sono venuti negli ultimi anni gli 'spunti' per tornare ai vecchi tempi: la ricostituzione della commissione  provinciale che era il pallino di Pino Scaduto e di alcuni suoi sodali di Villagrazia e Palermo centro, ed ora le rivelazioni di Nino Zarcone che lasciano intravedere degli scenari inquietanti, e cioè un tentativo almeno nelle intenzioni di rilanciare la vecchia mafia, quella delle stragi da Ciaculli a quella di Falcone e Borsellino.

In un articolo di Riccardo Lo Verso pubblicato su livesicilia.it di oggi si riportano i brani di alcune delle dicharazione del pentito bagherese Nino Zarcone, che agli inquirenti, parlando del vecchio padrino Francesco Lo Gerfo arrestato tre anni fa e condannato a 18 anni,  dice:

“... a livello stragista ... voleva ritornare ai vecchi sistemi... chiunque abbia la divisa si fa fuori, carabinieri, polizia... basta....”. Doveva essere una carneficina di rappresentanti delle forze dell'ordine. Una reazione a colpi di piombo contro lo Stato per la durezza del regime carcerario.

 Era a Misilmeri che si erano messi in testa di alzare il livello dello scontro per rispondere alle decine e decine di arresti di boss e gragri delle ultime operazioni; a Misilmeri padrino oggi sarebbe Giuseppe Vasta, 65 anni, subentrato a Francesco Lo Gerfo, già arrestato tre anni fa e condannato a 18 anni.

Secondo Nino Zarcone, come si riporta nell'articolo, sarebbe stato Lo Gerfo la mente del piano di morte. Prima di finire in cella, racconta il pentito, stava cercando di coinvolgere gli esponenti di altri mandamenti mafiosi. Per organizzare omicidi eccellenti ci voleva un ampio consenso.

“Il Franco (Lo Gerfo ndr) lamentava sta situazione di stu maltrattamento dicendogli a Tonino Messicati Vitale (boss di Villabate pure lui arrestato nei mesi scorsi) - mette a verbale a Zarcone - che le autorità si stavano prendendo ormai troppo lusso diciamo... ha una mentalità lui molto... non dico antica, però... a livello stragista... voleva ritornare ai vecchi sistemi - prosegue il racconto -, e di iniziare a reagire perché non si poteva più sopportare una situazione del genere, e di avere questi soprusi nelle forze dell'ordine... che lui su Misilmeri, nel suo mandamento, dice, bisogna reagire, se siamo d'accordo, ogni mandamento.., dice a caso, a caso a chiunque abbia la divisa si fa fuori, carabinieri, polizia ... basta ... a caso... na cosa a caso... dice... che iniziate a fare dei segnali pesanti ... e più a una guardia penitenziaria direttamente su Palermo”.

Sembrerebbe, dunque, che un “secondino” fosse già vittima designata.
 

La verità ufficiale ci viene raccontata da Adriano Mancini, coordinatore presso l'Autoparco comunale del Servizio di raccolta rifiuti solidi urbani. E'accaduto che il concorso di una serie di situazioni e di circostanze  hanno avuto sinora come conseguenza il sequestro di un autocompattatore e di un bobcat nella disponibilità del comune di Bagheria , e cinque persone, oltre al responsabile, ancora in questo momento presso la sede bagherese del Corpo Forestale, per chiarire l'intera vicenda.

La versione di Mancini: il responsabile sul campo del servizio, peraltro oggi in ferie,  riferisce di essere stato chiamato telefonicamente dalla responsabile del servizio di Igiene Ambientale del comune di Bagheria che gli prospetta la necessità di un intervento urgente presso la discarica di via Serradifalco, prima sequestrata e successivamente dissequestrata appunto per poter procedere alle operazioni di risanamento e bonifica.

L'intervento è necessario - spiega la responsabile - perchè nel corso della giornata di oggi sarebbe successivamente intervenuta l'azienda specializzata per il trattamento dell'amianto, ed occorreva quindi una preventiva separazione tra i rifuti speciali e quelli solidi urbani.

Mancini avrebbe fatto notare alla sua interlocutrice, così come lui stesso ci riferisce, della oggettiva impossibilità che con dei mezzi meccanici, il bobcat nella fattispecie, si possa riuscire a fare una separazione netta; ma queste sono le disposizioni. Pertanto una squadra di cinque operai con un autocompattatore e un bobcat comincia i lavori presso la discarica a cielo aperto, intorno alle 9.30-10.00 di stamane.

Pare che addirittura per separare le lastre di amianto e i rifuti speciali dai normali rifiuti urbani, gli operai, pur senza le necessarie dotazioni di sicurezza, abbiano fatto del loro meglio utilizzando anche le nude mani: una pattuglia di agenti della Polizia municipale, di cui fa parte l'ispettore Lino D'Amico,  viene chiamata per disciplinare il traffico, in considerazione del fatto che l'operazione si svolge in una strada stretta e angusta.

A questo punto la Forestale che vigila periodicamente sul sito a rischio, trovandosi, pare occasionalmente, a passare dalla zona si incuriosisce, si ferma, e comincia a chiedere cosa stia accadendo; evidentemente le spiegazioni non soddisfano gli agenti di polizia giudiziaria della Forestale che sequestrano, come dicevamo, i mezzi in opera, (la custodia dell'autocompattatore verrà affidata allo stesso comune, stante l'impossibilità per la Forestale di tenerlo i custodia), e conducono gli operatori presso la sede della statale 113 per la loro identificazione e per acquisire informazioni più dettagliate.

Pare di capire che i provvedimenti sinora assunti ai quali seguirà probabilmente una indagine per reati ambientali, siano dovuti al fatto che per garantire la corretta procedura della bonifica, gli interventi degli operatori del servizio di igiene urbana di Bagheria dovevano essere posti in essere  contemporaneamente a quelli della ditta specializzata per il trattamento dell'amianto, e non prima.

In tutto questo baillame, pare che ancora non si siano fatti vivi per interloquire con la Forestale gli attori politici, vale a dire il sindaco e l'assessore ai Lavori pubblici.

Angelo Gargano

in copertina foto di repertorio

 

 

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