Cronaca

Anche una rapina tra i diversi episodi legati alla criminalità comune si è avuta nei giorni scorsi:  nella giornata di ieri in via S.Ignazio di Loyola due uomini con il volto parzialmente coperto, utilizzando una paletta in uso alle forze dell'ordine, hanno intimato all'alt ad una vettura, il cui conducente svolge come attivita l'esazione di somme presso i fornitori per la Butangas, fatto certamente noto ai malviventi, che lo hanno rapinato di circa 1.500 euro che l'uomo aveva indosso.

Per la fuga i rapinatori hanno utilizzato un motociclo.

Nella biglietteria di villa Palagonia,  il custode che ha chiamato la volante nella mattinata di martedì scorso, ha segnalato che ignoti nottetempo avevano svuotato il cassetto in cui erano custoditi 200 euro e asportato un computer portatile.

Un furto nella notte lunedì e martedì scorso ai danni di una agenzia di assicurazione in via Mattarella: in questo caso il bottino è consistito in tre computer completi di schermo e tastiera.

Due contatori dell'Enel sono stati anche asportati dalla rosticceria  Il Fagottino di via Diego D'amico.

Sono state presentate le denunce alla Polizia.

La storia di cui è stato protagonista, suo malgrado, il bagherese Michele Ducato, dirigente regionale è una di quelle vicende che dovrebbe insegnare molto a tutti noi: ai giudici innanzitutto, che prima di emettere provvedimenti che vanno a privare un cittadino, qualunque cittadino, di un diritto essenziale, quale la libertà, dovrebbero essere più cauti, ma anche all'informazione e perchè no? anche a quell'opinione pubblica che tanto invochiamo come giudice supremo per discernere il bene dal male.

La storia è nota: un mese, fa nella cosiddetta Operazione Iban, 13 dirigenti regionali furono destinatari di provvedimenti di arresto: qualcuno in carcere, altri ai cosiddetti domiciliari.

Conferenza stampa degli inquirenti: vengono fatti i nomi, esibite le foto, sintetizzate le accuse: 13 tra dirigenti e dipendenti regionali avrebbero complottato per far finire sui propri conti  correnti somme che dovevano avere altri destinatari.

Fatto gravissimo: un processo, se e quando ci sarà, attribuirà ad ognuno degli imputati le responsabilità che gli competono. Nell'immediato occorso della notizia però tutti vengono affastellati l'uno sull'altro senza alcuna distinzione di ruoli, di accuse e di responsabilità.

Tra i coinvolti c'è anche il bagherese Michele Ducato, noto a tutti come persona perbene e irreprensibile, marito di Concetta Balistreri, già candidata a sindaco di Bagheria nel 2001 per il PDS, sindacalista regionale dell CGIL, molto nota anche fuori dai confini del nostro comune.

Si può solo intuire il danno di immagine arrecato, e non solo a Ducato e alla sua famiglia.

La faccenda naturalmente provoca stupore, sconcerto e costernazione, e naturalmente si scatenano i commenti sui siti web che invocano giustizia sommaria: dai più 'buoni' che li licenzierebbero in tronco ai più 'talebani' che propongono il teglio delle mani.

Via via che passano i giorni e si vanno precisando le accuse si comincia a  intuire che i conti, è il caso di dire, non tornano, e che almeno per alcuni le cose non stanno come sbandierato nei capi d'accusa.

Per Ducato e altri, per i quali il provvedimento di arresto viene subito annullato e già dopo due giorni viene sostituito con due mesi di sospensione dal lavoro, l'accusa è di avere percepito 1.700 euro di compensi per lavoro straordinario effettivamente prestato, ma che le somme per pagarlo sarebbero state prelevate  da capitoli di spesa che servivano ad altro.

altI legali a difesa  di alcuni indiziati, e tra questi Michele Ducato, chiedono l'annullamento del provvedimento, ed il Tribunale del riesame accoglie la richiesta con delle motivazioni che riconoscono, in buona sostanza che il P.M., fateci passare il termine, ha preso, in qualche caso, un granchio colossale.

Riportiamo , per completezza di informazione  il passaggio con cui il Tribunale del riesame nella propria Ordinanza del 4 dicembre 2013, accoglie la richiesta della difesa di Ducato di annullare il provvedimento di restrizione della libertà:

" Il pubblico Ministero depositando il 2 dicembre 2013 il verbale di interrogatorio del coindagato Currao Emanuele, dichiarava che a seguito di tali dichiarazioni non potevano più ritenersi sussistenti i gravi indizi di colpevolezza  ( che avevano portato al provvedimento di arresto a domicilio n.d.r.).

E questo perchè il Currao nell'interrogatorio prodotto dal P.M. dichiarava altresì:

..".......Ducato non era a conoscenza delle indebite attribuzioni di compensi a titolo di straordinario da lui effettuate sulla base delle direttive che gli erano state impartite dal dirigente Cimino Concetta, e che non appena accortosi dell'indebito gli aveva chiesto le informazioni necessarie per la restituzione".

Questo vuol dire di fatto che Michele Ducato esce dal processo, assolutamente prosciolto.

Il caso testimonia di come la macchina della giustizia e della informazione, talvolta trituri tutto e tutti senza distinzioni provocando poi quelle reazioni sommarie da parte di una parte dell'opinione pubblica sempre pronta, e questo deve farci pensare, a chiedere giustizia sommaria.

Ma ogni medaglia ha il suo rovescio: è vero che i  giudici possono sbagliare, ma è anche vero che il sistema di garanzie, malgrado tutto, funziona.

È accaduto nel corso della notte scorsa, quando, durante lo svolgimento di un servizio di perlustrazione del territorio, finalizzato alla prevenzione e repressione dei reati contro il patrimonio, svolto in contrada “Sant’Onofrio” della periferia del Comune di Trabia, dove sono ubicate numerose residenze estive, allo stato disabitate, i Carabinieri della Stazione di Trabia, unitamente ai colleghi del Nucleo Radiomobile della Compagnia di Termini Imerese, hanno tratto in arresto, , IANCU Costantin, cittadino romeno classe 1986, residente a Palermo, per il reato di furto aggravato in abitazione.

La pattuglia della Stazione Carabinieri di Trabia, alle ore 03.00 circa, nel mentre percorreva la strada intercomunale 12 che attraversa la contrada “Sant’Onofrio”, notavano parcheggiata, all’interno di un piccolo viottolo di campagna, distante solo pochi metri dalla recinzione di una villetta, un’autovettura. Insospettiti dalla insolita presenza dell’auto, procedevano ad effettuare gli accertamenti tramite la Centrale Operativa della Compagnia di Termini Imerese, riscontrando che l’auto era oggetto di furto, avvenuto a Palermo nel dicembre del 2013.

Pertanto, veniva tempestivamente richiesto l’ausilio di un’altra pattuglia delle “gazzelle”, con il compito di vigilare il retro della villetta in questione. I militari dell’Arma si posizionavano a debita distanza e dopo pochi minuti di attesa intravedevano un giovane che nel buio della notte stava scavalcando dall’interno la recinzione della villetta, mentre, in modo fugace, si apprestava a salire a bordo della predetta autovettura.

Atteso ciò, i militari operanti decidevano di entrare in azione, riuscendo a bloccare il giovane ladro con una mossa fulminea.

L’abile ladro solitario, si era introdotto mediante l’effrazione della porta d’ingresso e probabilmente con l’aiuto di complici, riusciti a dileguarsi tra la vegetazione, sfruttando l’oscurità della notte. Nella villetta, dopo aver richiesto l’intervento del proprietario, risultavano mancare alcuni monili in oro ed un televisore, rinvenuto poi nel giardino adiacente. La perquisizione sull’autovettura, consentiva di rinvenire strumenti atti all’effrazione, materiale elettronico vario, un contenitore in plastica con 10 litri circa di olio d’oliva e monili in oro, tra i quali proprio quelli risultati rubati nella villetta.

Sempre all’interno dell’autovettura, è stata rinvenuta ulteriore refurtiva risultata essere provento di altri furti, commessi sicuramente nelle ore precedenti all’arresto del IANCU Costantin, in danno di abitazioni non abitate.

Infatti, nelle ore successive, i Carabinieri della Stazione di Trabia, aiutati dalle prime luce del sole, riuscivano ad accertare, che nel corso della notte anche altre abitazioni della zona erano state oggetto di furti o comunque di tentativi di furti, conclusi con il solo danneggiamento di inferriate e porte d’ingresso.

altNei prossimi giorni si procederà pertanto all’attività di riconoscimento della refurtiva recuperata, da parte dei proprietari delle abitazioni oggetto di furti e danneggiamenti.

Nella circostanza a IANCU Costantin veniva contestato, oltre al reato di furto aggravato in abitazione, anche il reato di ricettazione poiché l’autovettura da lui utilizzata, le cui chiavi sono state peraltro trovate nella sua disponibilità, è risultata essere rubata a Palermo il 05.12.2013.

Nella giornata di ieri, l’arrestato è stato sottoposto a giudizio con rito direttissimo presso il Tribunale di Termini Imerese, durante il quale il Giudice, oltre a convalidare l’arresto, attesa la sua recidività nel reato di furto e il patteggiamento richiesto dalla difesa, disponeva la condanna del IANCU Costantin, ad anni 1 e mesi 5 di reclusione, pertanto la sua traduzione presso la Casa Circondariale “Cavallacci”.

 

 

 

 

 

nella foto Iancu Costantin

 

Stanotte, a nove mesi esatti dall’ultima retata, gli agenti della sezione criminalità organizzata della Squadra mobile di Palermo, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno chiuso il cerchio su altri otto presunti affiliati accusati di mafia ed estorsioni.

Tra gli arrestati c’è pure un minorenne: il suo ruolo nell’organizzazione, con tutti i dettagli del blitz, saranno delineati dagli investigatori in una conferenza stampa che si terrà alle 10.30 negli uffici della Squadra mobile alla presenza del procuratore aggiunto Vittorio Teresi e del questore Nicola Zito.

L’operazione di oggi, denominata «Agrìon», è in qualche modo un seguito delle inchieste Atropos (ottobre 2012) e Atropos 2 (marzo 2013) che finora hanno portato all’arresto di una cinquantina di persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti e detenzione di armi.

Tra queste, figurano anche gli ultimi vertici del mandamento, come Franco Picone e il suo braccio destro Fabio Chiovaro (che finirono in cella lo scorso anno con altre 40 persone) e il loro successore, Renzo Lo Nigro, arrestato a marzo.

Durante le indagini gli investigatori hanno fatto piena luce su un tentativo di estorsione ai danni di un imprenditore e sulla violentissima rappresaglia compiuta che ha coinvolto anche un parente della vittima, pestati a sangue a colpi di mazza per essersi rifiutati di pagare il pizzo.

Martedì scorso tra i vicoli della Noce e di Altarello due uomini armati di pistola hanno seminato il panico, raggiungendo un artigiano e sparandogli a una gamba.

L’uomo, Vincenzo Di Cristina, di 56 anni, il 16 novembre aveva già subìto un avvertimento in via Scillato, davanti casa sua, dove qualcuno gli bruciò l’auto. L’allarme in Procura è scattato quando oltre ai suoi precedenti sono stati analizzati anche quelli del figlio, arrestato nella retata di marzo con l’accusa di essere l’autista di Lo Nigro.

Assieme al falegname Giuseppe Castelluccio, 37 anni, considerato il nuovo capofamiglia, sono finiti in carcere Carlo Russo, Giovanni Buscemi, Marco Neri, Angelo De Stefano, Massimiliano Di Majo e il marocchino Chercki El Gana. 

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