Beni per centinaia di milioni di euro sequestrati ad un commercialista di Villabate

Beni per centinaia di milioni di euro sequestrati ad un commercialista di Villabate

cronaca
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 La Dia sta procedendo ad un sequestro di beni per centinaia di milioni di euro a Giuseppe Acanto, commercialista di Villabate, ritenuto vicino alle cosche mafiose locali.

L’operazione, il cui valore è paragonabile solo ai sequestri milionari nei confronti dei grandi costruttori mafiosi del passato, è ancora in corso e non ne vengono resi noti, al momento, i dettagli.

Si tratta di beni mobili e immobili, rapporti bancari e capitali di numerose aziende che il commercialista ritenuto  gestiva anche per conto terzi ma che erano nella sua disponibilità o comunque a lui riconducibili.

Le indagini della Direzione investigativa antimafia - coordinate dal direttore nazionale Nunzio Ferla e dal capo centro Riccardo Sciuto - sfociano in uno dei più grossi sequestri mai disposti dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. Tutti i particolari dell'operazione saranno resi noti alle 11 nel corso di una conferenza stampa a Villa Ahrens, sede della Dia di Palermo.

Parlando di Acanto il pentito Francesco Campanella  aveva detto che era coinvolto nella megatruffa di Giovanni Sucato, il mago dei soldi di Villabate, che fece a lungo parlare di sè verso a cavallo tra la fine degli anni '80 e i primi degli anni '90, per la sua 'capacità' nel moltiplicare gli investimenti che incautamente molti fecero con lui. Acanto era pure finito sotto inchiesta, ma alla fine la sua posizione fu archiviata. 

Acanto è stato più volte accostato al clan mafioso dei Mandalà di Villabate. In particolare, la vicenda della sua candidatura alle regionali del 2001, nella lista del Biancofiore, è stata cristallizzata dai giudici che hanno condannato Totò Cuffaro per i favori resi a Cosa nostra dall'ex presidente della Regione. Acanto raccolse 1941 voti, ma non gli bastarono per ottenere uno scranno a Sala d'Ercole. Fu il primo dei non eletti, ma in parlamento ci arrivò dopo l'arresto di Antonio Borzacchelli (coinvolto nell'inchiesta sulle talpe nella Dda di Palermo, Borzacchelli fu successivamente assolto dal reato di concussione, mentre la violazione del segreto istruttorio fu dichiarata prescritta).

 Campanella nel riferire su Giuseppe Acanto, che era stato consigliere comunale dal 1990 al 1994,  lo inseriva nell'elenco dei politici che avrebbero avuto rapporti e frequentazioni con gli esponenti mafiosi. Erano gli anni in cui i Mandalà si sarebbero attivati per ottenere dal consiglio comunale una variante che desse il via libera alla costruzione di un mega centro commerciale. L'inchiesta, però, finì con un nulla di fatto.


 

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