Il mestiere di crescere:Pesce di terraferma - di Maurizio Padovano

Il mestiere di crescere:Pesce di terraferma - di Maurizio Padovano

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'Caro mio, non puoi nemmeno immaginare cosa era questa città alla fine della guerra. C'era un mare di gente che non si capiva da dove fosse arrivata. Un mare, caro mio. Lei capitò qui in quel periodo. Era giovane, e bellissima. E gli occhi, caro mio, gli occhi. Verdi, caro mio, come non ne avevo mai visti. Cominciarono a chiamarla tutti la veneziana, ma in realtà è di Gorizia, o forse addirittura slovena.

Ritorna sul tema dell’infanzia lo scrittore bagherese Maurizio Padovano, dopo La neve dentro del 2011, sempre per la Drago Edizioni, esce Pesce di terraferma (80 pp, 13 euro) con illustrazioni di Pino Deodato. 

Già dal titolo si allude a quel disagio di chi si approccia al mondo e lo guarda con occhi incerti in attesa di capirne qualcosa, spesso un segnale dei grandi che non sempre arriva. Così lo sguardo del ragazzino del primo racconto, la Cartomante, che cerca di scoprire il mistero di quella donna solitaria che ama i gatti. E nel farlo si imbatte nella solitudine, l’emarginazione, la morte. Il racconto in prima persona, si risolve in un modo insolito e inatteso per il giovane protagonista alla scoperta del mondo. 

Ancora sui temi del romanzo di formazione, il secondo racconto, che ha per titolo Eros e Tanatos e che narra di un ragazzino tra le strade assolate di una Bagheria anni settanta, in cui, come altrove, si cresce per strada e gli adolescenti si dividono tra calcio e lucertole da torturare.

A fare da spartiacque, una riflessione sull’esistenza e sulla lingua che dà una chiave di lettura e uno spunto di riflessione a supporto dei racconti: “Scivoliamo come pesci dentro la vita con una fluidità che la roccia dei sentimenti stanca e prosciuga (…) Esercitarsi nell’apnea è il segreto e ci vuole tutta una vita”.

In linea con i racconti precedenti, ancora una volta Padovano delinea con pochi tratti quel disagio e quella ricerca di senso che non è solo dell’adolescenza, ma che da qui, spesso, prende il via. Ci narra, costringendoci a ricordare, di un mondo che vive ormai solo nei nostri ricordi, di un’infanzia all’aria aperta, spesso in solitario, lontana dai grandi e da quella di oggi, selvaggia e primordiale in cui l’unica educazione sentimentale avveniva tra giochi di strada, biciclette, rovi, lucertole e cani.

Tutti gli ingredienti giusti per capire le asperità e le insensatezze della vita e apprendere il difficile mestiere di crescere. Questo nel particolare. In generale, invece, Pesce di Terraferma ha il sapore di finis terrae, di fine millennio, di fine di una civiltà, millenaria, contadina, che già morente nei decenni scorsi (come profetizzato da Pasolini), ha ormai ceduto del tutto il campo a quella dei consumi e dei centri commerciali.

Ma è anche una riflessione sul senso della vita e dell’esistenza in generale, in cui immersi nell’inchiostro nero, componiamo lo storytelling dei nostri ricordi. “ E quell’inchiostro è la lingua che riemerge dal passato(…) non si può morire in nessuna altra lingua che in essa…”.
Il libro sarà presentato giovedì 27.08.15 alle ore 18.30 presso la libreria Interno 95, in occasione dei festeggiamenti per i sette anni dalla sua apertura.

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Maria Luisa Florio


 

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