Bagheria come un'infanzia (5) - di Biagio Napoli

Bagheria come un'infanzia (5) - di Biagio Napoli

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Ad Angelo, direttore e amico.

1.U cubuluni.

Ha fatto la stessa fine del l'arco del Padreterno e della Certosa. Spajtutu. Diviso, e per centinaia di metri, dalla villa cui apparteneva. Lontano da villa Valguarnera. Orfano. Come il Padreterno di villa Palagonia e la Certosa del Palazzo.

Se queste cose non si sanno, non si possono immaginare. Cammini e, d'improvviso, tra strade e case, magari popolari, trovi un palazzetto strano , romano antico, con un prospetto a colonne e, dall'altro lato, due enormi pilastri in tufo, o vedi un arco con sei soldati, giganti di tufo anch'essi, o una cupola. Anacronistici, spaesati, incredibili. Dalla strada dov'è la cupola, allora si andava in campagna. Qualcuno vi si fermava, recandosi al lavoro di mattina presto, per fare i suoi bisogni corporali. Una volta che mio padre mi portò con se' io vidi uno , dietro un cumulo di concime, che si sollevava da terra dov'era accosciato aggiustandosi i pantaloni. U cubuluni da' sdegnoso le spalle alla strada, quel coffee house con affreschi del Velasco quasi completamente cancellati e attraversati da crepe vistose.

campagna

2.Contrada Chiarandà.

Da quella strada mio padre passava per recarsi in contrada De Spuches o in contrada Chiaranda'. Si incamminava e sperava che qualcuno gli desse un passaggio in macchina. O anche in moto ape. Si contentava pure di una vespa o di un motore. Specie se doveva recarsi a Chiaranda' che è molto più lontana. Se non passava nessuno che conosceva, quel percorso era costretto a farlo interamente a piedi. Il giardino di contrada De Spuches , piantato a limoni, era stato del nonno Giovan Battista; marito' la figlia e glielo diede. Chiaranda' , invece, lo porto' in eredita' mio padre. La collina era piantata ad ulivi. Avevano tutti un uliveto : mio padre, suo fratello Angelo, e gli altri fratelli, Pietro e Francesco. Nonno Brasi aveva acquistato quella collina e l'aveva divisa ai figli. Tranne lo zio Angelo, tutti gli altri levarono gli ulivi e misero limoni. Era collina e dovettero terrazzarla. Scatinaru e costruirono zalfine A quel tempo piantavano limoni anche sulle montagne. Era florido Il mercato e col ricavato di pochi chili di limoni si pagava la giornata di un bracciante. Era tempo di vacche grasse. Tre, quattro tummini di terra permettevano di costruire case finalmente comode, pianterreno primo piano terrazza, e di dare una dote ai figli. Perciò si piantavano limoni dovunque. Chiaranda' diventò un giardino di limoni . Però mio padre , in contrada De Spuches o a Chiaranda' , se non c'era da potare o irrigare o zappare o concimare o raccogliere, ogni cosa a suo tempo, ci andava soltanto la domenica pomeriggio. Gli altri giorni si recava invece a villa S. Giuliano dov'era curatolo con i suoi fratelli. I giardini di De Spuches e di Chiaranda' li concimava con il sale chimico e, invece, a villa San Giuliano si utilizzava lo stallatico. Io li ho visti i braccianti impegnati nella concimazione con lo stallatico. C'erano, a villa San Giuliano, delle vacche; era da quella stalla che derivava il concime per il giardino. E c'era una concimaia, un fosso che il vaccaro andava a riempire ogni volta che puliva la stalla. Quando era tempo di concimare, i braccianti con un sacco si coprivano la testa e le spalle; era allora che usavano la zappa con i denti per riempire di concime una cesta, quella cesta si caricavano sulla spalla spargendone poi il contenuto su una conca. Raramente quel concime era completamente stagionato, asciutto, e da quella cesta scolava l'umido su quel sacco che copriva le spalle di quegli uomini. Si riducevano inguardabili e, per il fetore, inavvicinabili.Raramente mio padre mi portava nelle campagne che avevamo fuori da villa San Giuliano. Come faceva a piedi? Quelle volte che mi ci portò , quando ero stanco di camminare, mi metteva ncavusieddru. Pure non voleva che andassi in campagna. Fare il padrone, questo sì, questo lo voleva, ma a scuola dovevo andare. Voleva levarmi dalla terra. Diceva che la zappa ha le corna. Io non capivo che volesse dire. Solo dopo aver visto gli uomini che concimavano ho capito. Era a quella zappa a due denti che si riferiva . E voleva dire che il lavoro del campagnolo non era solo pesante. Forse ammiscava braccianti e proprietari, piccoli e medi. Certo questi nelle loro campagne ci andavano anche a lavorare, magari al tempo della raccolta, o anche per irrigare. Se capitava, irrigavano pure di notte con il lampione a petrolio acceso e appeso a un ramo. Poi le cose cambiarono e coltivare limoni per i padroni non fu più redditizio. Qualcuno i terreni li abbandono' , gli alberi seccarono, furono invasi dalle erbacce, bruciarono; qualcuno vi costruì case di villeggiatura e pianto' pini, cipressi e falso pepe. Molti tolsero i limoni e ripiantarono ulivi . De Spuches tocco' a mia sorella e, ora, a uno dei suoi figli. Mio cognato era carabiniere e carabiniere e' mio nipote: De Spuches e' abbandonato. Chiaranda' tocco' a me. Ho fatto ripiantare ulivi. Nelle terrazze dov'erano i limoni.

3.

Giuvanni caca lasagni

jetta pirita e fa castagni,

I castagni sunnu ruci

e Giuvanni jetta vuci.

bagheria

4.Contrada De Spuches.

Non mi capitò mai di trovarmi a Chiaranda' per la raccolta; e, invece, in contrada De Spuches mio padre mi condusse più volte, due o tre volte sicuro. De Spuches è più grande di Chiaranda' , almeno il doppio, a quel tempo erano tre tummini di florido giardino. Al vallone c'era un abbeveratoio dove scorreva un'acqua freddissima e molle. Gonfiava la pancia e non si finiva mai di bere. Chi andava a lavorare in quei posti, si fermava a quell'abbeveratoio per riempire il suo bummalo dove l'acqua si manteneva fresca.Quando era tempo di raccolta, e mio padre mi portava con se', se io avevo sete era quel l'acqua che bevevo. Però non mi facevano bere nel loro bummalo. Uno degli uomini prendeva un limone grosso, lo tagliava a metà levando a una di queste la polpa, la riempiva di acqua come fosse un bicchiere, e mi faceva bere. Gli uomini che mio padre impiegava per i lavori in campagna erano t re ed erano sempre gli stessi. Uno, quello che mi faceva bere nel bicchiere ricavato da un limone, lo chiamavano Lima. Che lo chiamassero col soprannome però proprio non gli andava e se ciò avveniva , a quello che lo faceva, presto rispondeva:"Forse ti ho limato il culo? "Lima possedeva una bicicletta. Anche un altro di quegli uomini veniva in bicicletta. Di questo non ricordo né come si chiamasse né il soprannome che aveva. Era un uomo minuto e scuro. Sono già morti, e da tempo, tutti e due. Il terzo, invece, è ancora vivo, vecchio, malato e vivo. Che fa? Recita il rosario aspettando di morire? Sulla coscienza ha un omicidio. Per un certo periodo fece infatti il guardiano di campi e ammazzo' a fucilate un ladro. Ebbe sette anni di pena. Torno' a lavorare in campagna.Quando mio padre divento' troppo vecchio, lo caricava sulla sua vespa e lo portava in campagna. Allora lui lavorava e mio padre , seduto su una pietra, lo guardava . Parlavano . Mio padre gli pagava la giornata e gli dava anche delle mance. Poi mio padre morì e quell'uomo lo venne a vedere in mezzo alla casa e gli portò un mazzo di fiori. Pietrino, u scimunitu, veniva chiamato solo per la raccolta dei limoni e per lavori di fatica, cioè per portare i panieri e le ceste piene. Non era cosa di raccogliere. Lui avrebbe raccolto qualunque cosa, limoni grossi e piccoli, verdi bianchi e gialli. Invece era come un mulo, capace di portare almeno sei panieri, tre in un braccio, tre nell'altro; li portava allo scaro dove mio padre o, a volte, lo zio Pietro, con delle forbici da potare, tagliavano il peduncolo e i limoni li mettevano in una cesta. Quando si riempiva Pietrino andava a svuotarla nel casotto. Lo zio Pietro aiutava mio padre quando la raccolta si pensava dovesse essere particolarmente abbondante. Lo aiutava ma non si prendeva un soldo. Si metteva allo scaro e mio padre, invece, a raccogliere. Sul tardi poi arrivava quello del magazzino con il carretto portando i cassoni di legno. Venticinque. Quanti, pieni di limoni, se ne potevano trasportare. Bisognava fare più di un viaggio. L'uomo del magazzino prendeva tre cassoni: uno gli serviva per sedersi, uno per riempirlo dei limoni buoni, il terzo per lo scarto.Si metteva dentro il casotto, accanto ai limoni accatastati sul pavimento, cominciava a scegliere. Ogni tanto, se aveva un dubbio e voleva sapere quanto era grosso un limone, utilizzava degli anelli di rame di varie misure. Prendeva il limone, lo infilava nel l'anello di rame, lo misurava , lo gettava nel cassone dei buoni o nell'altro. A mio padre però , sapendo quanto fosse scaltro, nessuno levava dalla testa che quell'uomo magari era troppo preciso e che qualche limone buono in mezzo allo scarto ce lo metteva recuperandolo poi al magazzino. Doveva stare lì a controllarlo? Alla pesatura mio padre però partecipava e scriveva su un foglio, con un mozzicone di matita, il peso di ogni cassone. Ventisei, ventisette o ventotto chili. Ma si doveva essere precisi perché quelle differenze, anche se parevano trascurabili, erano soldi. La sera, a casa, mio padre voleva che fossi io a fare i conti, a fare cioè le somme delle singole pesature, una somma ogni cinque pesature. Dalla seconda o terza elementare in poi, sempre, fui io a fare quelle somme.

5.Pietrino, lo scimunito.

Pietrino portava dunque i panieri pieni allo scaro, da lì riprendeva quelli vuoti per darli agli uomini che raccoglievano, se la cesta era colma andava a svuotarla nel casotto, riportava la cesta vuota allo scaro. Era un tipo scorbutico ed irascibile. Aveva però le sue ragioni. Nonostante fosse talmente povero da andare camminando, almeno in estate, con la sola canottiera, e vivesse di quello che gli davano se portava la ghirlanda sulle spalle ai funerali dietro i morti, una moglie se l'era comunque trovata. Grassa e strabica certo, ma era pur sempre una moglie. Per quella moglie lo prendevano in giro;gli dicevano che, mentre lui s'ammazzava di fatica, lei passeggiava nel corso leccando gelato. Era vero. Anch'io, una volta, la vidi che si annacava mangiando una brioche e tenendo per mano la bambina gracile che avevano. Pietrino s'arrabbiava, prendeva tutte le pietre che trovava per terra, le tirava a questo e a quello, se ne andava bestemmiando. I lassava 'ntririci , ecco cosa ci guadagnavano, carriarisilli iddri panara e cajtiddruna, iddri rumpirisilla a carina.

biagio napoli

Biagio Napoli

Agosto 2016

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