Ricordo di Emilio Murdolo maestro di Renato Guttuso

Ricordo di Emilio Murdolo maestro di Renato Guttuso

cultura
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"Conobbi Emilio Murdolo negli anni 60 quando a Palermo ero titolare con Ciro Li Vigni della Galleria d’Arte Il Chiodo. 

Il nostro primo incontro è avvenuto a Bagheria, nel suo studio composto da un unico vano al piano terra di circa 30 mq. diviso da una tenda dietro la quale era sistemato un letto. 

Completava lo studio un piccolo gabinetto, il tutto era scaldato da una piccola stufa elettrica.
Le opere del Maestro erano appoggiate sui muri coperte da vecchi teli bianchi, mentre un cavalletto vicino la porta d’ingresso, mostrava il lavoro in esecuzione.
Il nostro incontro avvenne attraverso il Sig. Sciortino di cui non ricordo il nome, ma so che era la persona che preparava a Murdolo i supporti che il Maestro utilizzava per rappresentare le sue opere.
Murdolo era un grande uomo, tutte le volte che mi recavo a trovarlo, mi raccontava episodi della sua vita semplice a Bagheria dove suonava il clarinetto, che teneva gelosamente in una custodia sotto il letto, nella banda musicale del paese e per vivere decorava i carretti siciliani dei contadini.
Negli anni 60 però con l’avvento dei mezzi da trasporto a motore come l’Ape della Piaggio, i contadini abbandonarono i vecchi carretti e Murdolo trasferì le decorazione verso i nuovi mezzi, mentre i vecchi carretti non utilizzati trovarono posto presso antiquari e collezionisti ed esposti nei saloni di rappresentanza dei benestanti Siciliani.
Murdolo mi parlava spesso di Guttuso e lo ricordava con affetto quando ragazzo seduto accanto a lui, nel suo studio si soffermava a guardarlo ore e ore mentre decorava i carretti con scene di battaglie tra i Paladini di Carlo Magno e Saraceni e mi ricordava che in tutte le scene da lui rappresentate non c’era mai un Saraceno vincente su un Cristiano.
Guttuso aveva promesso a Murdolo che gli avrebbe organizzato una grande mostra a Roma con una sua prefazione per mostrare finalmente al pubblico le opere di quello che ha sempre reputato il suo Maestro dell’età giovanile.
I lavori per la mostra erano rappresentati su dei pannelli di legno del formato di cm. 160x120 ed in sequenza rappresentavano le scene che centinaia di volte aveva impresso sui carretti siciliani. Guttuso rimandava sempre la mostra e Murdolo rallentava la produzione dedicandosi a miniature di spalliere di carri che vendeva con più facilità.
Ricordo una vigilia di Natale, andai a trovarlo e portai un panettone e una bottiglia di spumante, era a letto con l’influenza accudito da una giovane di età indefinita che lui chiamava figlioccia.
Mi accomodai su una sedia accanto al letto e mentre osservavo su un cavalletto l’ultima opera per la sua mostra, Murdolo mi chiese di aprire il cassetto del comodino e guardare il disegno che Guttuso gli aveva inviato per gli auguri di Natale.
Mentre lo guardavo con attenzione Murdolo con una lacrima che gli scorreva dagli occhi, mi disse “io so che tu sai che non è un disegno, ma lasciamelo credere, me lo ha dedicato”.
Era una stampa di un paesaggio siciliano con fichidindia a lui dedicata.
Sorvolai su questo evento e chiesi “Maestro ma in tanti anni di attività ha dipinto solo carretti?”.
Pensò un attimo e mi rispose con un sorriso: “Tanti anni fa mentre lavoravo nella bottega, entrò un autista in livrea mi chiese se ero Emilio Murdolo e al mio assenso m’invitò ad uscire in strada per parlare con il suo padrone che aspettava in auto.
Preso da una soggezione indescrivibile per l’inaspettata richiesta, uscii in strada dove era parcheggiata una lunga auto nera con un Signore dentro. L’autista aprì lo sportello e mi fece entrare dicendomi che il suo padrone era Vincenzo Florio.
Vincenzo Florio, la mia agitazione aumentò. Vincenzo Florio che poteva volere da me?
Lui grande uomo proprietario di mezza Sicilia che veniva personalmente da me e mi faceva accomodare nella sua lussuosa auto mentre io avevo paura di entrare per non sporcarla con i colori impregnati sulla mia tenuta da lavoro.
Vincenzo Florio mi tranquillizzò e con voce pacata mi disse: Ho deciso di farti decorare il soffitto dei quattro pizzi della mia residenza alla tonnara Florio.
Lo guardai incredulo e stupito rispondendo: Eccellenza io sono un semplice pittore di carretti siciliani, ci sono tanti Artisti più bravi di me che potrebbero farlo. Io fino ad ora ho dipinto solo carretti.
La sua decisione l’aveva già presa e aggiunse: dipingerai sui 4 pizzi tutto ciò che vorrai, il lavoro è tuo e avrai la paga che vorrai, aggiunse, domani mattina ti verrà a prendere il mio autista ti porterà all’Arenella farai un elenco di tutto ciò che ti serve ed inizierai il lavoro, troverai una busta con un acconto, mangerai da noi e deciderai tu gli orari di lavoro che vorrai fare in accordo con l’autista che penserà a prenderti ed a lasciarti alla tua bottega. Mentre scendevo confuso e spaventato dall’auto, mi diede una pacca sulla spalla dicendomi “Sono certo che farai un buon lavoro”.
In breve la voce si sparse tra i vicini e tutti mi chiedevano notizia di quella visita, tieni presente che in quel periodo ricevere la visita di Vincezo Florio era come oggi ricevere la visita del Presidente della Repubblica e forse di più.
Come stabilito iniziai a disegnare con passione rappresentando quanto richiesto e giorno dopo giorno capii che avrei fatto un buon lavoro proprio come aveva predetto Vincenzo Florio.
Durante i lavori ho avuto modo di conoscere la moglie di Vincenzo Florio una Gran Dama Francese Lucie Henry che mi commissionò altri lavori che donò ai suoi amici a Parigi.
Quello è stato il più bel periodo della mia vita, la mattina veniva l’autista a prendermi, mangiavo benissimo, ero giovane, stavo bene ed ero felice.
Il lavoro durò quasi un anno e alla fine non ebbi il coraggio di chiedere l’importo da pagare ma Vincenzo Florio comprendendo il mio imbarazzo, mi fece recapitare con l’autista una busta che conteneva molto di più di quanto avrei potuto pensare di chiedere.
Concluse con lacrime di gioia:
Che grande uomo, avere scelto me per quel lavoro mi ha cambiato la vita, che grande onore mi ha dato e che grande famiglia, mi facevano sentire uno di loro.
La morte di Emilio Murdolo avvenne a Bagheria nel 1965, giunsi nel suo studio vuoto, dove era sistemata la bara con la salma, illuminata da 4 ceri, con la figlioccia vestita di nero e con uno scialle nero inginocchiata ai piedi del letto urlante tra le lacrime “parrinu picchi muristi, picchì mi lassascisti sula, parrinu parrinu” mentre la donna piangeva non potei non notare che tutte le opere di Murdolo che aveva più volte detto a me che avrebbe ldonato alla sua morte alla sua figlioccia erano sparite.
La bara sistemata su un carro funebre si avvio verso Via Butera seguita a piedi da non più di 10 persone compreso me e la figlioccia.
In quel momento al cielo grigio piombo si sommarono delle folate di vento, la figlioccia attaccata al vetro dell’auto con la salma urlava e piangeva senza darsi pace e il vento alzava lo scialle nero mostrando il viso di una giovane che mostrava il doppio dei suoi anni.
A quel punto l’autista dopo essersi fermato un attimo chiese se poteva andare al cimitero e accelerando la corsa non potè evitare che la figlioccia attaccata al carro scivolasse a terra.
Il carro funebre era già lontano e la povera figlioccia continuava la sua corsa sola e senza più una meta dentro una nuvola surreale che la avvolgeva.
Il suo padrino era morto e a lei che l’aveva accudito per tanti anni non era rimasto che il ricordo, mentre tutte le sue opere, come seppi in seguito erano state ritirate dal Sig. Sciortino che a sua detta era il suo erede.
Il Comune di Bagheria gli ha dedicato una strada ma mai una mostra, per esempio a Villa Cattolica che ospita il Museo del suo allievo Renato Guttuso".

Filippo Panseca

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Immagine di copertina: 

Carlo Magno prepara le truppe per combattere Agramante, anni ‘60

MUSEUM Bagheria - Olio su tavola, cm 23 x 35,7

 

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