Bagheria, anno zero - di Giusy Buttitta

Bagheria, anno zero - di Giusy Buttitta

Politica
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Bagheria, anno zero. Per qualche minuto sono rimasta indecisa sull'incipit, in ballottaggio c'era anche la candidatura di un più disperato ed ultimativo "Bagheria, ultima chiamata.", alla fine ha prevalso la voglia di tabula rasa, la speranza di una ripartenza, l'idea di una storia che possa andare in controtendenza.

Nota per il lettore: le parole che seguono sono quelle di una cittadina che, come me, non si rassegna.

Tra circa un anno a Bagheria sarà tempo di elezioni comunali; consigli, giunte, sindaco e vice sindaco, si riaprono le danze, il toto nomine è partito, il teatrino della politica locale alza il sipario, i "si dice" abbondano, qualcuno comincia ad uscire allo scoperto e l'aria che si comincia a respirare è quella polverosa di sempre, la solita politica che con i soliti metodi comincia a sgomitare per arraffare uno spicchio (più o meno grande) di potere locale.

Dinanzi ad uno scenario di questo tipo mi sono chiesta se davvero questa comunità si può permettere di continuare sullo stesso solco di cattiva amministrazione che l'ha caratterizzata negli ultimi cinquant'anni (è un trend che ha radici lontane).

In questi anni, sembra che questo paese abbia marciato avendo una sola meta: il degrado.

IL  CULTO  DEL  BRUTTO

Obbrobri e orrori risaltano nella foto della Bagheria di oggi, le scene finali di "Baarìa" sono in questo senso un testamento e nel contempo un atto di accusa per questa involuzione, brutture urbanistiche, architettoniche, paesaggistiche, si intrecciano e si legano ad una deriva che è prima di tutto morale.

Bagheria è un paese sporco, dissestato, rovinato, ingolfato, anche le poche iniziative lodevoli e che hanno traguardato la semplice gestione dell'ordinario, in breve tempo hanno assunto i connotati del pressappochismo, dell'abbandono, del dissesto.
In questo scenario, dove la politica tradizionale ha tantissime responsabilità (ma non è l'unica responsabile - il cittadino bagherese è stato vittima, ma spesso anche colpevolmente complice), questa classe politica con quale credibilità si presenta?

Quale ruolo può svolgere per il futuro?

Lo stesso svolto in questi decenni. Almeno, questo gli scenari fanno presagire. E questo è un problema, anzi, una pietra tombale.

Cominciamo a parlare dei contenitori: i partiti. Il dibattito sulla crisi dei partiti non è più d'attualità, è consunto ed anche ozioso, i partiti non rappresentano, ormai da tempo, un luogo di aggregazione di uomini ed idee, sono diventati, irreversibilmente, apparato, etichette dietro alle quali oligarchie, o piccoli dittatorelli, si nascondono; sono organismi lontanissimi dalla società civile, completamente avulsi, sono chiacchiere e distintivo, simboli che non simboleggiano, perché mancano dell'elemento essenziale: la carica ideale.

Manca il sogno, la capacità di volare alto, lo spirito di servizio della politica, ed i rappresentanti dei partiti sono burocrati del potere. I partiti sono perdenti, anzi sono zombies che gestiscono la cosa pubblica, non sono in grado di intercettare bisogni perché il loro fine ultimo non è quello di immaginare un ideale di società, l'idea di servizio a favore della collettività, ma il loro fine ultimo è quello di gestire potere, dispensare favori, tenere al guinzaglio varia umanità bisognosa, trasformare il diritto in privilegio da elargire.

La difficoltà di un ricambio generazionale, l'assenza di democraticità all'interno di questi apparati dimostra come il loro dna è solo quello della poltrona, oggi, sempre e comunque.

Chiunque si presenti all'elettore con sotto l'etichetta di un partito andrebbe, da parte dell'elettore, messo alla porta, per un'assenza aprioristica di credibilità.

La politica, quella locale, ha bisogno di nuove forme di aggregazione, che partano dalla base, che ne convoglino i fermenti, che partano dal cittadino e ne facciano elemento attivo e non soggetto passivo da circuire.

Le liste civiche, in questo senso, possono essere una risposta valida, ma bisogna stare molto attenti, la lista civica non è un'etichetta, c'è lista civica e lista civica e la differenza è nella genesi. In questi anni troppi professionisti della politica hanno creato, artificialmente, organismi politici che si rifacevano, nell'etichetta, all'idea di lista civica, ma nei fatti si è trattato di operazioni di mascheramento, della lista civica mancavano sempre gli elementi essenziali, quelli di un'organizzazione politica dinamica, libera, democratica, aperta a tutti, all'interno della quale deve prevalere una logica interna di tipo orizzontale, non verticistico, realmente indipendente dai partiti tradizionali ed a questi alternativa.

La lista civica è la società civile che dice basta e sceglie di diventare attore protagonista nell'amministrazione della cosa pubblica, un vero nuovo laboratorio della politica. Finora abbiamo assistito alla creazione di fantocci politici privi delle caratteristiche tipiche della lista civica. Partiti tradizionali, identica logica, mascherati da liste civiche.

CHE  FARE ?

Bagheria, a questo punto, ed il tempo ci sarebbe (manca un annetto), avrebbe bisogno di contarsi, aggregare le forze che vogliono fortemente dare una svolta a questa china, apparentemente ineluttabile, quanto inevitabilmente diretta verso il degrado, partire con una forma di proselitismo laico condotto con la forza delle idee e del passaparola, per dar luogo ad un'organizzazione politica cittadina che abbia come riferimento fondamentale ed imprescindibile l'etica della responsabilità.

Sembra banale parlare di politica come servizio alla comunità, ma bisogna avere il coraggio di rischiare di essere banali, perché in questo concetto non c'è nulla di banale e solo una politica che finora è andata in direzione opposta rende il concetto dell'etica della responsabilità e della politica come servizio dei concetti in apparenza ingenuamente utopistici, ma forse è questo che ha bisogno Bagheria, di persone che vedano nell'utopia di un paese migliore un'utopia realizzabile.

La malapolitica ha tra le varie sue colpe quelle di aver svuotato di significato le parole, ricominciamo da quelle: etica della responsabilità; politica come servizio alla comunità; coscienza civile; e poi trasparenza, onestà, ideale, civiltà, rispetto delle regole.

RECUPERIAMO  IL  SIGNIFICATO  VERO  DELLE  PAROLE

Riappropriamoci, senza pudore, delle parole, perché queste parole appartengono alla comunità civile.
Occorre alzare lo sguardo ed uscire dalla rassegnazione, dal qualunquismo, occorre che ogni singolo cittadino bagherese si interroghi su quale Bagheria vuole e contribuisca a realizzarla.

Serve una politica che sappia rispondere ai bisogni dei cittadini, ma necessita anche una politica che sappia indicare quale cittadino occorre a questa comunità, serve una rivoluzione culturale, una tensione morale, un'idea di rinascimento.

L'etica della responsabilità è il riferimento al quale ogni cittadino, non solo il politico, deve guardare, votare non è un atto superficiale, è una presa di responsabilità, degradare il momento del voto significa degradarsi come cittadini, significa offendere la memoria di chi ha lottato per questa democrazia che non è scontata, ma è stata conquistata.

La politica tradizionale ha fallito, non solo per incapacità, ma perché via via ha perso il contatto con la sua mission; Bagheria, i cittadini bagheresi, se veramente non vogliono lasciare in eredità alle generazioni future solo un cumulo di macerie, materiali e morali, deve avere uno scatto d'orgoglio, un moto di dignità, deve drizzare la schiena e riuscire, con il contributo di tutti i suoi uomini e di tutte le sue donne di buona volontà, a voltare pagina.

E' arrivato il momento, nella speranza che non sia troppo tardi, che la società civile bagherese cacci i mercanti della politica dal tempio, fissi nuove regole di convivenza e di rapporto con l'amministrazione, prima che del tempio non rimangano solo macerie fumanti.

Da tempo, ormai, si odono sinistri scricchiolii.

Le foto di Bagheria dall'alto sono state scattate e gentilmente messe a diposizione da Angelo Restivo

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