Stefano Lo Verso: il pentito in bici che sfida la mafia

Stefano Lo Verso: il pentito in bici che sfida la mafia

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“Resto qui in Sicilia, sono i mafiosi a dover andare via, io non mi arrendo” e ripete “sono i mafiosi che dovrebbero andarsene da questo paese, non io che ho rinnegato il mio passato” E riprende a pedalare per il corso principale di Ficarazzi, il pentito Stefano Lo Verso

che lo conosce come le sue tasche, quindici anni fa ci portava Bernardo Provenzano per gli appuntamenti importanti. A quel tempo era l'autista del superlatitante, era la sua ombra, il suo confidente.

Mi avevano scelto perché ero un insospettabile imprenditore”. Ora passeggia lentamente con la sua bicicletta nel cuore di Ficarazzi. “Sono un morto che cammina -sussurra- lo so. La mafia non perdona. Potrebbero uccidermi in qualsiasi momento perché ormai dal 2011 sono un collaboratore di giustizia. Le mie dichiarazioni hanno fatto scattare arresti e processi, hanno spinto di recente 36 commercianti a denunciare il pizzo. Ho parlato anche di mafia e politica, e delle protezioni istituzionali di Provenzano. Quando i mafiosi vorranno mettere in atto la loro vendetta, sanno dove trovarmi. E così non se la prenderanno con i miei familiari”.

L'uomo passeggia lentamente con la sua bicicletta nel corso principale di questo paese alle porte di Palermo è il primo (e unico) pentito di mafia ad essere tornato nella sua città. Dice “volevo continuare a stare accanto ai miei familiari, che non mi avevano seguito nella località protetta”

E una notte di tre anni fa è tornato in Sicilia. Nei fatti, una rinuncia al programma speciale previsto per i collaboratori di giustizia. Perché la legge prevede che i pentiti non possano restare nella propria terra.

E invece, da tre anni, Stefano Lo Verso sta nella sua Sicilia. Va a deporre ai processi, accusa i mafiosi, svela omicidi, parla di aziende e patrimoni da confiscare. E poi ritorna a casa sua, ufficialmente non è più dentro il programma di protezione.

Un altro paradosso dell'antimafia che la procura di Palermo chiede di sanare da tempo, per questo ha sollecitato la commissione speciale per i collaboratori di giustizia a concedere nuovamente il programma di protezione per Stefano Lo Verso.

Qualche settimana fa, è arrivata la risposta dal Viminale. Se Lo Verso resta in Sicilia non ci può essere alcun programma di protezione.

E lui continua ad andare il giro in bicicletta. Ogni tanto, una pattuglia dei carabinieri fa dei giri attorno a casa sua.

Qualche notte fa, da queste parti, è passata una colonna di auto blindate, ma non era per Lo Verso, stavano andando ad arrestare altri mafiosi dopo le denunce di 36 commercianti che per troppo tempo hanno pagato il pizzo. “La mafia conta ancora molto in questa parte di Sicilia -dice lui- anche qui Matteo Messina Denaro gode di buone protezioni. Ma io resto, tanta gente mi ha manifestato la sua solidarietà. Avverto invece freddezza dal parte dell'amministrazione comunale della mia città. Non mi stupisco."

"L'anno scorso, il sindaco Paolo Martorana ha portato a pranzo i cadetti della Nunziatella in visita in paese per la commemorazione di un ex allievo nel ristorante della famiglia di un mafioso”

E' accaduto anche dell'altro a Ficarazzi, di recente: “Il gonfalone del comune ha sfilato al funerale di un ex sindaco che è stato consigliore della famiglia di Ficarazzi”. Aggiunge Lo Verso “L'ho fatto notare, mi è stato risposto che quella persona non ha mai avuto una condanna per mafia. Ma, evidentemente, in molti dimenticano le parole di Borsellino: metteva in guardia i cittadini dai politici discussi, non serve una sentenza di condanna”

Mentre parliamo, davanti la stazione del paese, arriva all'improvviso un giovane a bordo di una moto. Gira attorno e va via sgommando. Lo Verso non si scompone: “Controllano quello che faccio” Arriva il diretto da Palermo, il rumore del treno copre lo spazio di una lunga pausa.

Poi, Lo Verso dice: “Meglio morire da pentito che da mafioso. La mia scelta l'ho fatta. E non ho più l'angoscia della morte, mi sento un uomo libero. Questo vorrei che il ministro dell'Interno Alfano comprendesse. Un collaboratore di giustizia che vive nella sua terra può essere l'antidoto contro la mafia”

Il legale di Lo Verso, l'avvocato Monica Genovese, chiede che venga modificata la legge sui collaboratori, la 45 del 2001. “I successi ottenuti nella lotta a cosa nostra e il percorso della società civile impongono una riflessione. Chi spezza il vincolo mafioso non dovrebbe essere obbligato a lasciare la sua terra” Stefano Lo Verso ritorna alla bicicletta. “Voglio tornare a riprendermi la mia vita”

Salvo Palazzolo, Giorgio Ruta
tratto da “Repubblica” di lunedì 9 novembre 2015”

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