Quando Bagheria e la politica nel 1980 si scontrarono per l'area artigianale

Quando Bagheria e la politica nel 1980 si scontrarono per l'area artigianale

Politica
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La "querelle" sul corso Umberto, per la qualità e lo spessore della posta in gioco più che per i contenuti effettivi, ci riporta alla mente la vicenda delle aree artigianali,

che non è inopportuno richiamare alla memoria perché delle esperienze del passato in qualche modo dovremmo farne tesoro.
Nel 1980 era arrivato un finanziamento di dieci miliardi di lire del tempo per espropriare, infrastrutturale e costruire capannoni nell'area che nel Piano regolatore allora vigente dove era previsto un insediamento di aree artigianali.
Zona artigianale sempre in contrada Monaco, ma molto più grande di quella attuale, perché comprendeva anche le aree a monte e a valle del prolungamento dell'attuale Via Dante, a circa cinquecento metri dall'incrocio con Via Città di Palermo.
I proprietari dei terreni sembravano "rassegnati" ad accettare gli espropri, ma non appena intuirono che tra i partiti c'era una divisione scatenarono la Vandea.

"La terra non si tocca", "I nostri giardini sono la nostra ricchezza", "Noi viviamo di agricoltura".
In una infiammata assemblea che si svolse al Consorzio Idro agricolo, organizzata, ahimè, dai comunisti, furono queste le suggestive parole d'ordine di qualche centinaio di piccoli proprietari.
Balle naturalmente, perchè l'agrumicultura era già allora bella e sepolta, che celavano però la vera intenzione, e cioè di lottizzare abusivamente quei terreni, (come avveniva in quiel tempo in tutta Bagheria), e come poi in parte avvenne.
Nei partiti per qualche settimana si sviluppò un dibattito che in certi casi rivelò profonde divisioni anche al loro interno: così fu per la Democrazia Cristiana , per il Partito Comunista e il Partito Socialista.

Contro l‘area artigianale, a difesa degli interessi dei piccoli contadini si schierarono invece senza alcuna remora e senza mezzi termini il Partito Repubblicano, quello Socialdemocratico, quello Liberale, e il Movimento Sociale, in tutto sette consiglieri comunali sui quaranta.
Al sindaco di allora, Andrea Zangara, che dell'area artigianale assieme ad Antonio Gargano e ad esponenti importanti della corrente limiana era l'alfiere, fu bruciata la casa di campagna a Trabia.
Ma a suo onore va detto che in una drammatica riunione tra i partiti disse: " Io credo nell'area artigianale e non mi faccio intimorire: se voi tutti mi sosterrete, andremo avanti con gli espropri."
Il Partito comunista di allora ed il partito socialista, che assieme avevano 10 consiglieri su 40, non ebbero purtroppo, è inutile nasconderlo, il coraggio di raccogliere quella sfida che venne da un parte consistente della Democrazia Cristiana, chepur aveva, in consiglio, la maggioranza assoluta con 21 consiglieri.

E cioè che su questa questione o si marciava uniti o non se ne faceva niente, perché non si sarebbero certo lasciati scavalcare dalla demagogia di sinistra, loro, che di demagogia erano maestri. E così fu.

Si arrivò ad una seduta drammatica del consiglio comunale di allora, che si svolse dove si trova l'attuale sala della giunta, ed in cui sindaco, giunta e larga parte dei consiglieri furono costretti, da qualche centinaio di facinorosi, a fuggire dall'aula per evitare il peggio; e fu allora  che un senatore della repubblica, Ignazio Mineo, poi drammaticamente scomparso, scrisse una delle pagine più mortificanti della storia delle istituzionia Bagheria: saltò sul tavolo dove poco prima c'erano il sindaco e la giunta e, novello Masaniello, arringando i contadini disse:"Prima di espropriare le vostre terre e di fare l'area artigianale dovranno passare sul mio cadavere".
Non fu necessario arrivare a tanto.
In una seduta svoltasi qualche settimana dopo si votò su un ordine del giorno che chiedeva uno spostamento dell'area artigianale prevista nel P.R.G.: tutti votarono a favore, solo comunisti e socialisti si astennero.
L'area artigianale fu rinviata "sine die", si perse il finanziamento, il senatore Mineo nelle successive elezioni politiche del 1983 non venne rieletto, i giardini, così cari ai piccoli proprietari che raccontavano la storiella che da essi traevano il loro reddito, furono in larghissima parte destinate alle costruzioni abusive.

Bagheria, per responsabilità di una classe politica pavida, infingarda e cieca perse una opportunità, questa sì storica.
Uno strumento quello delle aree artigianali che avrebbe consentito già trenta anni fa di dare infrastrutture e servizi alle decine di aziende artigiane che volevano crescere, di creare un motore di sviluppo alternativo all'agricoltura, e di consentire di creare centinaia di posti di lavoro per i giovani bagheresi.
Ma purtroppo non andò così.

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