Perché il Partito Democratico deve tornare unito? Per tante buone ragioni, la prima delle quali è che la ritrovata unità di questo partito
Abbiamo avuto modo in altra occasione di sollecitare i gruppi dirigenti di questo partito a superare le divisioni in considerazione anche delle culture e delle storie politiche che, malgrado difficoltà e contraddizioni, continuano comunque a rappresentare in Italia ed a Bagheria.
E' vero, le ideologie sono venute meno, destra e sinistra, sembrano stereotipi ormai privi di significato, ma comunque sia il partito democratico è l'erede di una tradizione comunista riformatrice e della componente del cattolicesimo democratico con una forte impronta sociale.
E' il partito che deve comunque rappresentare le lotte, i sacrifici, i bisogni, le aspirazioni dei ceti popolari e di quanti, ieri e l'altro ieri, di quanti hanno sostenuto ed alimentato questi due importanti filoni della storia politica italiana
La seconda buona ragione è che assieme le due formazioni filiazioni del partito Democratico mettono assieme quasi 4.000 voti, e con sei consiglieri comunali sono la seconda forza in consiglio, e la prima della coalizione.
Uniti riuscirebbero ad esercitare un peso politico di gran lunga maggiore di quanto non avverrebbe se divisi.
Il passaggio elettorale e la conseguente presentazione delle due liste debbono essere viste ormai solo come una parentesi nefasta che va cancellata al più presto.
Esistono invece tutti i presupposti perché questo desiderio, che è anche, lo ripetiamo di tanti militanti ed elettori, possa trovare accoglimento.
Ed ancora, è sotto gli occhi di tutti che le vicende che portarono alla rottura sono state superate dalla evoluzione degli eventi politici: un primo sia pur piccolo tratto di strada assieme è stato percorso ed ha avuto anche successo.
In questa fase la prima cosa da mettere da parte sono i veti incrociati: sui risentimenti non si costruisce niente.
Continuare questa faida metterebbe sin d'ora a rischio la sopravvivenza della attuale maggioranza, ma soprattutto metterebbe a rischio il lavoro che si accinge a realizzare la nuova amministrazione, facendo partire Lo Meo con una palla di piombo al piede.
Si torni a ragionare non nella logica dei due gruppi che continuano a guardarsi in cagnesco, ma nella logica di chi quella lacerazione elettorale vuole mettersi alle spalle e lavorare per tornare a lavorare insieme.
D'altronde, il neosindaco Vincenzo Lo Meo lo ha detto, non appena seppe che andava al ballottaggio: "Lavorerò per favorire la ricomposizione del Partito democratico e del Movimento per le autonomie".
Prevalga la generosità, non si guardi alle scelte che il sindaco andrà a fare come a scelte che privilegino l'una o l'altra formazione.
Non si guardi all'assessore in più o in meno, come premio o penalizzazione di una delle due componenti e da qualunque dei due gruppi provengano.
Si guardi solo se questi assessori hanno le doti e le capacità per affrontare e risolvere i problemi di Bagheria.
Si accettino, e qualunque esse siano, visto che si è avuto fiducia in lui, lo si è sostenuto e lo si è fatto eleggere, con spirito di apertura le proposte che Lo Meo andrà a fare in sede di assegnazione di assessorati e deleghe.
Si confidi nel suo senso di equilibrio, si riconosca al nuovo sindaco un ruolo super partes, di chi vuole ricomporre i conflitti, se ne accettino e se ne rispettino pertanto le decisioni
.Inoltre si mettano in campo, sin da subito, tra i due gruppi consiliari forme organizzative che possano essere considerate preludio ad un ritorno all'unità: una federazione tra i gruppi, per esempio, con l'obiettivo di arrivare nel breve periodo ad un gruppo unico.
All'interno del partito si riparta, riprendendo a far funzionare gli organismi eletti, con un discussione scevra dai pregiudizi e dalle sterili contrapposizioni.
E' questo quello che ci attendiamo da consiglieri e dirigenti del Partito Democratico, è questo quello che la città si aspetta.