Quote rosa nelle SpA: un buon punto di partenza

Quote rosa nelle SpA: un buon punto di partenza

Politica
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Pubblichiamo uno stralcio dell'intervento pronunciato dall'on. Gabriella Giammanco al momento dell'approvazione alla Camera dei deputati della legge che introduce l'obbligo delle "quote rosa" nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa.

La legge approvata dal Parlamento rappresenta un ulteriore importante passo in avanti in direzione del raggiungimento di una piena parità uomo-donna nell'accesso a ruoli professionali di grande responsabilità.

Considerato, infatti, lo squilibrio permanente nella rappresentanza dei generi nelle posizioni di vertice delle società quotate in borsa il provvedimento mira a riequilibrare l'accesso agli organi di amministrazione e di controllo di tali imprese garantendo che al genere meno rappresentato sia riconosciuto, in modo graduale, almeno un terzo dei posti disponibili.

Attualmente i dati sulla partecipazione delle donne ai più delicati processi decisionali sull'economia del nostro Paese sono sconfortanti.

Nei consigli di amministrazione delle grandi imprese le donne rappresentano solo un irrisorio 5%, pur avendo grande competenza e dimostrando di saper fare impresa.

In un momento delicato come quello che sta vivendo l'economia italiana rappresenta, infatti, un dato anticiclico dalla portata significativa, e perciò motivo di ottimismo, la crescita delle imprese "rosa".
Secondo l'ultimo rapporto Unioncamere sull'imprenditoria femminile nell'ultimo anno le imprese guidate da donne si sono comportate meglio rispetto a quelle con a capo uomini, resistendo alla crisi ed essendo cresciute del 2,1% , a dispetto delle imprese a guida maschile, che hanno fatto registrare una flessione dello 0,4%.

Sono aumentate, quindi, le aziende "rosa", che in Italia sono più di 1milione e 400mila. L'attività di queste imprese si concentra soprattutto nel settore dei servizi (terziario), in particolare quelli relativi alla sanità e all'assistenza sociale, dove ben il 41%, cioè quasi un'impresa su due, è guidata da una donna.

Una realtà, quella italiana, supportata da numerosi studi e ricerche sul campo, che sottolineano lo stretto rapporto tra la presenza di donne in posti direttivi e i risultati finanziari e organizzativi delle realtà che sono state chiamate a gestire.

Di contro, come ha rilevato lo scorso marzo anche la Commissione europea, nonostante siano sempre più numerose le donne altamente qualificate, e la loro partecipazione al mercato del lavoro sia in aumento, esse sono tuttora minoritarie rispetto agli uomini nei posti di responsabilità delle imprese.

La stessa Commissione europea evidenzia che, negli ultimi anni, la disparità tra uomini e donne nell'ambito delle funzioni direttive non si è sostanzialmente modificata.

Tale situazione è tanto più paradossale se si considera il fatto che le studentesse nei settori dell'economia e del commercio sono diventate sempre più numerose degli studenti e che, solo per fare un esempio, nel 2008 nell'Unione Europea il 60% dei titoli universitari è stato conseguito da donne mentre in media solo circa l'11% dei membri di consiglio delle principali imprese europee è donna.

La legge di iniziativa parlamentare per la parità di accesso dei generi nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa, e di quelle a partecipazione pubblica, è, perciò, in linea con quanto ci chiede l'Europa, e cioè imprese sempre più aperte alle donne.

Perché anche secondo l'Europarlamento "è essenziale riconoscere il valore inestimabile delle donne sul luogo di lavoro e nel settore degli affari".

La promozione della presenza paritaria di donne e uomini nei luoghi delle decisioni economiche costituisce, infatti, una delle priorità della nuova strategia 2010-2015 per la parità dei generi nell'Unione europea.

Secondo la Commissione europea, infatti, una partecipazione equilibrata dei generi ai processi decisionali economici potrà contribuire a creare un ambiente di lavoro più produttivo e innovativo.
Questa legge s'inserisce, perciò, a pieno titolo nello scenario europeo, dove già altri Paesi hanno introdotto le quote "rosa" per via normativa.

E' il caso della Spagna, della Francia e della Norvegia.

In quest'ultima, in particolare, l'introduzione di quote per la parità tra i generi ha effettivamente prodotto un innalzamento del livello di partecipazione femminile nei consigli di amministrazione addirittura superiore a quanto richiesto.

Personalmente sono contraria al meccanismo delle ‘quote rose', nell'immaginario collettivo spesso si tende a considerarle quasi come delle concessioni che si fanno a noi donne.

Sono convinta che le buone idee, le capacità, il talento, la competenza, non abbiano sesso e che ne siano portatori sia uomini che donne ma è pur vero che bisogna attuare una rivoluzione culturale e strumenti di questo tipo, da adottare in via transitoria, sono indispensabili per scardinare pratiche consolidate e modificare lo status quo.

Imporre delle quote rose nei più importanti luoghi decisionali dell'economia italiana servirà a rinnovare la classe dirigente e a rivoluzionare un sistema tradizionalmente caratterizzato da una presenza quasi tutta maschile.

Sono convinta che quando la rivoluzione del merito sarà finalmente compiuta, in questo Paese non servirà più parlare di quote e di pari opportunità, perché a tutti, uomini e donne, si apriranno grandi spazi d'azione.

Il prezioso strumento legislativo, messo a punto dal Parlamento per valorizzare le potenzialità delle donne offrendo loro nuove opportunità d'ingresso nel sistema imprenditoriale, è solo l'ennesimo provvedimento di questa maggioranza, e di questo governo, a favore di noi donne.

Alle demagogiche manifestazioni dell'opposizione che hanno strumentalizzato le donne abbiamo risposto con fatti concreti. La lista di ciò che abbiamo realizzato è lunga. Dall'introduzione del reato di stalking nel codice penale, che ha garantito la sicurezza a tante donne e restituito loro una vita serena, all'inasprimento delle pene per il reato di violenza sessuale.

Dalle misure contenute nel Piano Italia 2020, dei ministri del Lavoro e delle Pari Opportunità, e finanziate con 40 milioni di euro per potenziare i servizi di assistenza alla prima infanzia e favorire le donne nella conciliazione famiglia-lavoro, all'Avviso comune siglato tra il ministro Sacconi e i sindacati, i datori di lavoro e le parti sociali interessate, per rendere gli orari di lavoro più flessibili e, in questo modo, agevolare l'ingresso e la permanenza delle donne, con una famiglia da gestire, nel mercato del lavoro.

Questi sono solo alcuni dei successi raggiunti con una politica a sostegno delle donne e tanti sono ancora gli obiettivi che ci prefiggiamo di raggiungere.

Portando avanti la campagna contro la barbarie delle mutilazioni genitali femminili e sostenendo con forza la proposta di legge per un sistema elettorale con la doppia preferenza che possa permettere una maggiore presenza delle donne in politica.

E ancora, stiamo portando avanti la proposta per il congedo di paternità obbligatorio, per agevolare la permanenza delle donne nei luoghi di lavoro anche dopo la gravidanza, oltrechè l'importante proposta di cui sono relatrice per il sostegno all'imprenditoria femminile, al momento in discussione in Commissione Lavoro.

Fatti concreti, portati avanti per le donne italiane affinché possano sentirsi supportate dalle istituzioni e appagate come madri e come professioniste competenti impegnate nel mondo del lavoro.

 

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