Intervista al bagherese Luciano Maggiore artista emergente della scena elettro- acustica internazionale

Intervista al bagherese Luciano Maggiore artista emergente della scena elettro- acustica internazionale

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Nelle giornate del 7–8–9 dicembre si è svolto ai Cantieri Culturali della Zisa il Festival Internazionale delle Musiche e delle Arti Elettroniche "MainOFF", attivo ormai da quattordici anni e volto a fare emergere e valorizzare le esperienze di coloro i quali producono, suonano e distribuiscono musiche elettroniche sperimentali. Tra gli artisti invitati ad esibirsi, anche il bagherese Luciano Maggiore, musicista ben noto all'interno dello scenario internazionale di musica elettro-acustica.

- Puoi parlarci della tua esibizione al MainOFF?
- L'esibizione che ho proposto consisteva nella diffusione di suoni ad altissima frequenza, attraverso dei piccoli speaker portatili che venivano da me spostati tra la gente in sala. Gli intervalli di tempo tra uno spostamento e l'altro erano riempiti dal suono di un richiamo a vite utilizzato nella caccia al tordo. Durante la performance c'erano moltissime persone che chiacchieravano dunque ho deciso di usare la chiacchiera come veicolo dei miei movimenti all'interno dello spazio. In poche parole, se qualcuno disturbava la performance mi dirigevo verso di lui, andandogli quasi addosso e suonando fino a quando la persona o il gruppo di persone non capivano che dovevano fare attenzione. Non credo che in quella sala ci sia stato mai così tanto silenzio come quando tutti hanno capito qual era l'andazzo.

- Quando hai cominciato ad appassionarti alla musica elettronica e sperimentale?
- Sono cresciuto ascoltando musica che in qualche modo la incorporava. Penso per esempio ai Beatles e ai Pink Floyd, che ascoltava mio zio in macchina, o allo stesso Battiato, che ascoltavamo un po' tutti in famiglia. Poi, se parliamo di musica 'vagamente sperimentale', ho cominciato ad ascoltare qualcosa intorno ai quindi anni e via via ho radicalizzato gli ascolti.

- Qual è stato il percorso artistico che ti ha condotto fino a qui?
- Già da piccolo, a Bagheria, ho sviluppato un interesse parallelo per la pittura e per la musica. Nel 2001, dopo aver passato un paio d’anni a Brescia dipingendo esclusivamente e quasi non ascoltando musica, mi sono trasferito a Bologna per studiare pittura all’Accademia di Belle Arti. Negli anni dell’accademia ho maturato un forte interesse per le arti performative e con il tempo ho iniziato a introdurre il suono nel mio lavoro. Ho avuto (sempre a Bologna) la fortuna di collaborare con Raum/Xing (http://www.xing.it/xing) organizzazione che si occupa di spettacolo contemporaneo in svariate forme e modalità. Per Xing con Valerio Tricoli, palermitano anche lui, ho curato Desco Music ed in seguito ad esperienza esaurita ho iniziato a organizzare con degli amici/artisti un’altra serie di concerti, sta volta segreti, sotto il nome di Sant’andrea degli amplificatori ( http://santandreadegliamplificatori.blogspot.co.uk/ ). Organizzando concerti ho avuto la possibilità di venire a contatto con tantissimi punti di vista ed approcci che hanno arricchito il mio bagaglio e allargato il mio punto di vista nei confronti di quello che usualmente chiamiamo musica. Tra i concerti organizzati e suonati, i libri letti, le chiacchiere con non so neppure quanti amici è difficile scandire un percorso definito. Ci sono decisamente degli artisti, libri, dischi, momenti importanti ma forse troppi per poterli mappare in questo spazio.

- Qual è la posizione dell'Italia e, in maggior misura della Sicilia, per quanto riguarda questo tipo di musica?
- Non conosco benissimo la situazione siciliana, manco da troppo tempo e non ho moltissimi contatti con musicisti isolani se non quelli che vivono all’estero. Per quanto riguarda la situazione italiana in generale, credo che ci sia una quantità di 'musica nuova' che si distingue ormai nel mondo per la qualità della ricerca. Tra Napoli, Bologna, Milano e Vittorio Veneto si producono alcune delle cose più interessanti prodotte nel mondo in questo momento.

- Ormai da qualche anno vivi Londra, dove lavori e continui con la tua carriera artistica. Com'è il contesto inglese per quanto riguarda questo genere musicale?
- Sulla scena inglese non si può fare di certo una mappatura. Ci sono tantissime piccole comunità che si intersecano o che non si incrociano mai, a differenza dell'Italia, dove ognuno conosce un po' tutti. Qui è tutto molto più complesso e sono molto contento di avere la possibilità di confrontarmi con un diverso pubblico e soprattutto con tantissimi altri musicisti.

Stefania Morreale

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